A.C. 1142-A ed abbinate
Grazie, Presidente. Non si fanno le leggi sull’onda dell’emozione, è risuonato molte volte in quest’Aula e io sono perfettamente d’accordo, e non si fanno le leggi su un singolo caso specifico. Le leggi si fanno con la testa e con il cuore, ci diceva la relatrice Lenzi; le leggi si fanno ascoltando e provando a mettersi nei panni degli altri. È sempre difficile farlo, in qualche caso è particolarmente difficile farlo. Mettersi nei panni di un uomo malato di SLA, che è perfettamente vigile, solo che è completamente immobilizzato nel suo corpo, che è diventato ormai uno scafandro, e comunica con l’esterno solo perché gli rimane un occhio del quale riesce a battere le palpebre, e con quello, con un sintetizzatore, riesce a parlare, mettersi nei panni di Max Fanelli è particolarmente difficile, ed era molto difficile ascoltarlo mentre parlava in quel modo, come mettersi nei panni di Piergiorgio Welby. E vorrei usare le parole di Piergiorgio Welby, nella lettera aperta che ha scritto al Presidente della Repubblica Napolitano nel 2006.
Welby scriveva al Presidente: io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso; morire mi fa orrore. Purtroppo, ciò che mi è rimasto non è più vita; è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio. O ancora, mettersi nei panni di Fabiano Antoniani, lo abbiamo conosciuto tutti in questi giorni come Dj Fabo, ragazzo di quarant’anni - un ragazzo si dice, in questi tempi, di un quarantenne -, reso cieco e tetraplegico da un incidente.
Io ho solo sentito per radio un filo di voce che gli usciva in modo davvero stentato, e chissà quanta fatica faceva per far uscire quel filo di voce. Allora, noi facciamo le leggi provando a metterci nei panni delle persone per le quali facciamo le leggi, e sono questi i panni. Noi non stiamo esaminando una legge sull’eutanasia, l’eutanasia non c’entra nulla con questa legge; stiamo esaminando una legge sul consenso informato, sulle disposizioni anticipate di trattamento, sulla pianificazione delle cure. È un progetto di legge importante, che è frutto di una mediazione importante, che abbiamo grazie al lavoro attento e a un dibattito ampio che si è svolto nella Commissione affari sociali e per il quale penso dobbiamo ringraziare tutti i componenti del Comitato ristretto, prima, della Commissione tutta, dopo, e, in particolare, il presidente della Commissione e, ancora più in particolare, la relatrice Donata Lenzi, che davvero ha avuto un ruolo di straordinario equilibrio e ascolto.
È una legge che è resa necessaria dai progressi della medicina, dalle possibilità crescenti, ed è un bene, naturalmente, che siano crescenti, ma dalle possibilità crescenti di mantenere funzioni vitali e attive nel nostro corpo con ogni tecnica, inclusa l’idratazione e nutrizione artificiale, e davvero, Presidente, faceva sorridere quel collega che le definiva come momenti di socialità e condivisione, la nutrizione e l’idratazione artificiale. Davvero, non rendersi conto di che cosa si sta parlando!
Questi progressi della medicina, dei quali siamo tutti orgogliosi, rendono sempre più urgente dare riconoscimento ad un diritto fondamentale, consentire l’esercizio di un diritto fondamentale, che è il diritto al proprio corpo, il diritto ad autodeterminarsi, il diritto a scegliere liberamente, con la propria personale valutazione, su cosa è sopportabile, su qual è il mio livello di sopportazione al dolore, su dove è la soglia della dignità personale che io voglio vedere rispettata, quando so che non c’è nessuna speranza di guarigione, senza imporre nulla a nessuno. A nessuno sarà imposta una decisione, neppure se presentare o meno una disposizione anticipata di trattamento. A nessuno sarà imposto nulla, e c’è un compito fondamentale per lo Stato, per il legislatore, e non è decidere per qualcuno, ma è esattamente questo: riconoscere un diritto, consentire l’esercizio di un diritto, cioè esattamente dare al Paese una legge come quella che stiamo esaminando da oggi nell’Aula della Camera.
Usciamo, Presidente, finalmente da quello che il Presidente Napolitano aveva scritto in risposta alla lettera aperta a Piergiorgio Welby nel 2006: il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio, la sospensione o l’elusione di ogni responsabile chiarimento. E lo abbiamo fatto con un dibattito attento, lo faremo ancora con la massima attenzione e con la massima umiltà; e lo faremo garantendo ad ognuno un diritto al consenso informato, il diritto a decidere del proprio corpo quando non c’è possibilità di guarigione, riconoscendolo alla luce del sole, come ostinatamente ha voluto Beppino Englaro per sua figlia Eluana. Ed ecco perché, Presidente, è così importante la legge che stiamo esaminando, perché si tratta di riconoscere un diritto fondamentale, di farlo alla luce del sole, senza imporre nulla a nessuno. Ed è il diritto al proprio corpo, all’autodeterminazione, alla possibilità di scegliere quando la propria vita è ancora dignitosa, se non c’è più possibilità di guarigione.